Eccoci al primo approfondimento di EcaTeta.it!
Parleremo di vari argomenti, approfondiremo temi interessanti, vicini alla nostra generazione.
Oggi trattiamo un tema ancora non abbastanza sentito. Un tema che non descrive un problema circoscritto, bensì condiziona tutta la società: il costo di essere donna nel 2020.
Prima di cominciare nemmeno io ero a conoscenza della grandezza di questa disparità, ma come sempre lo studio e l’approfondimento mi hanno portato a nuove consapevolezze.
Hai idea di quanto sia costoso essere donna?
Pink Tax: il costo del colore rosa
Il mercato attuale non è sicuramente a favore delle donne.
Sapete perché?
Uno dei motivi principali è la Pink Tax (se ancora non sai cos’è una tassa leggi qui).
La Pink Tax è un aumento di prezzo comune nelle merci dedicate al pubblico femminile che si differenziano dai loro corrispettivi neutri solo per caratteristiche di packaging o di elementi connotanti il genere, come appunto il colore rosa.
Le donne pagano un prodotto più degli uomini in circa il 42% dei casi, agli uomini capita invece di spendere di più solo nel 18% dei casi. Questo vuol dire che nel corso della vita di una donna, l’impatto finanziario di queste disparità di prezzo di genere è significativo.
E lo è ancora di più se si considerano le disparità di salario per cui una donna in media guadagna solo 0.77 centesimi per ogni dollaro guadagnato da un collega uomo.
“La discriminazione nasce dallo stereotipo culturale di una donna con molto tempo libero che impiega nello spendere i soldi che non guadagna.
Marcella Corsi, prof. di economia, Sapienza Università di Roma, tra le fondatrici di inGenere.
Una figura lontana dalla realtà risalente agli anni ’50 “
Non è un problema del 2020
Sono anni che si parla di Pink Tax.
Già nel 2010 Maia Mazaurette giornalista francese del sito Madmoizelle ha calcolato che in un anno le donne si ritrovano a spendere circa 770 euro in più degli uomini, a parità di prodotti.
A farle eco, uno studio del 2015 commissionato dall’allora sindaco di New York Bill de Blasio, che rivelò come, in media, i prodotti destinati al pubblico femminile costassero circa il 7% in più dei loro corrispettivi maschili.
Grazie a Idealo, portale internazionale per il confronto dei prezzi, possiamo farci un’idea più chiara di questo fenomeno:
“Analizzando i dati è evidente che i rincari sui prodotti femminili sono sempre più alti rispetto a quelli sui prodotti maschili. Ma quello che ci interessa di più è il dato relativo alla fluttuazione”
Antonio Pilello di Idealo e autore dello studio
Per fluttuazione si intende la variazione dei prezzi nel tempo. Le donne devono prestare più attenzione poiché la fluttuazione media dei prodotti a loro dedicati è pari al 49,6%, mentre quello dei prodotti maschili è in media del 33%.
Come possiamo difenderci da questa Pink Tax?
Non possiamo, ma si può provare ad assumere degli atteggiamenti più accorti per aggirarla, come;
- Comparare i prezzi: non si tratta di un processo così immediato, ma il confrontare il prezzo di un prodotto femminile, con lo stesso maschile, ci può mettere in guardia su quali marche adottino una particolare differenza di prezzo e quali no
- Confrontare i modelli: trovi un oggetto ma noti che rosa costa di più? Forse si potrebbe risparmiare comprandolo semplicemente di un altro colore
- Parlarne: rendere nota la questione per giungere ad una maggiore consapevolezza tale da poter evitare, quando possibile, di ricadere nel “tranello informativo” che questa Pink Tax porta.
Ma la pink tax non è altro che l’ultimo tassello di una situazione socioeconomica che penalizza le donne nel mercato.
Un altro costo, la Tampon Tax
Discussissima è la Tampon Tax ,ovvero la tassazione su assorbenti e pannolini come beni ordinari di lusso al 22%, mentre altri prodotti e servizi godono di un regime agevolato al 10, 5 e 4% (famoso il caso della detassazione del tartufo al 5%)
I rasoi da uomo sono tassati al 4% in quanto considerati beni di prima necessità.
Perciò farsi la barba è una necessità mentre avere il ciclo un lusso.
Siamo gli ultimi, ma possiamo prendere esempio
L’Italia è rimasta una delle ultime nazioni europee a mantenere così alta la tassazione, in Irlanda è già stata azzerata e in Scozia gli assorbenti vengono distribuiti gratuitamente alle studentesse.
La Scozia è diventata il primo paese al mondo a rendere i prodotti per le mestruazioni gratuiti per tutte le donne.
Il parlamento nazionale ha approvato all’unanimità la legge che rende disponibili tamponi e assorbenti in tutti i luoghi pubblici come club giovanili, farmacie e palestre.
Nel 2018 la Scozia era diventata anche il primo Stato a fornire questi prodotti sanitari in scuole, college università.
Il parlamento italiano, invece, non ha accettato di ridurre la tassazione. Una motivazione considerata è stata quella che gli assorbenti sono considerati come un agente altamente inquinante.
Vi sembra una motivazione adeguata?
Bisogna mettere la questione sul piatto della bilancia.
Dal momento che non vengono proposte alternative valide ha senso ricondurre la questione ambientale anche ad un bene di prima necessità femminile
Soluzioni dal basso
Purtroppo a livello politico e fiscale nell’immediato noi possiamo fare ben poco.
Ma parlarne e tenere viva e alta la questione è sicuramente l’arma migliore.
Siamo però in grado di cercare delle vie alternative che siano più economiche ed ecologiche.
Le uniche due proposte che davvero possono sostituire gli assorbenti sono gli assorbenti lavabili come sostituto di assorbenti esterni o la coppetta mestruale come sostituto degli assorbenti esterni.
Un esempio potrebbe essere quello di sostituire i comuni assorbenti usa e getta con modelli lavabili, come la coppetta mestruale.
Sicuramente la presenza di queste soluzioni alternative non elimina il grosso problema che la tassazione crea nelle donne che tutti i giorni si trovano, per natura, ad affrontare questa situazione, già di base abbastanza debilitante sotto tanti aspetti, oltre a quello economico
Pink budget
Alcuni studiosi spagnoli hanno ipotizzato che sia più corretto parlare di ‘Pink Budget’, ovvero l’esistenza di un numero decisamente maggiore di oggetti specificatamente femminili rispetto a quelli dalle spiccate caratteristiche maschili. Di conseguenza il problema non risiederebbe nel prezzo in sé, ma nel condizionamento culturale che porta le donne a dover comprare oggetti ben specifici e in volumi maggiori, incidendo ulteriormente sui risparmi delle consumatrici.
Vi Inviterei quindi, uomini e donne che siate, a riflettere sulla questione.
Non so se ne eravate a conoscenza o se ci avevate mai fatto caso, ma quando si parla di disparità di genere vengono inclusi anche tutti questi meccanismi del mercato che non fanno altro che alimentare la disparità e produrre conseguenze anche in altri aspetti come quello sociale e culturale.
Non sottovalutiamo l’importanza della consapevolezza di questo fatto, per arrivare ad un reale cambiamento bisogna partire proprio da questo.
Grazie per aver letto l’articolo, hai già fatto il primo passo!
E parlarne con i tuoi amici potrebbe essere il secondo 😉
Alla prossima! 👋