Buona domenica e ben tornati su questi schermi amici! 😃
Oggi siamo qui con un’altra pillola di storia. Parleremo di Adam Smith, conosciuto per essere il fondatore dell’economia politica. Vedremo la sua vita e le sue principali teorie, in particolare quella sulla mano invisibile
Pronti? Via!
Una vita tranquilla
Adam Smith nacque in Scozia, a Kirkcaldy, nella primavera del 1723. Il padre era già morto da qualche mese e il piccolo Adam crebbe affidato alle cure di sua madre Margaret, con cui trascorse la maggior parte della vita, sempre legato a lei da un profondo affetto.
Completata l’educazione universitaria a Glasgow e abbandonata l’idea di intraprendere la carriera ecclesiastica, divenne professore di filosofia morale all’Università di Edimburgo.
La sua Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni (1776) riscosse un enorme successo di pubblico e di critica.
Questa cosa permise a Smith di condurre una vita agiata a Edimburgo, dove diventò commissario alle dogane, fino alla morte, sopraggiunta nel 1790.
Il naturale equilibrio delle cose: il sentimento di simpatia
Nella sua prima opera, Teoria dei sentimenti morali (1759), Smith sostenne che il desiderio di «essere approvati» è alla base di ogni comportamento umano.
Come il suo caro amico e filosofo David Hume, Smith ritiene che le valutazioni di ordine morale siano legate alla sfera emotiva: nel giudicare i comportamenti altrui scatta in noi un sentimento di simpatia che ci permette di immedesimarci negli altri
Questa spasmodica volontà di piacere ai propri simili indirizza, così, gli impulsi egoistici degli uomini verso comportamenti utili alla collettività .
La «mano invisibile» che riequilibra il mercato
Se il sentimento di simpatia riequilibra la tensione tra gli impulsi egoistici e quelli sociali, «la mano invisibile del mercato» estende la sua influenza in campo economico.
Le persone agiscono nel proprio interesse personale spinte dal desiderio di arricchirsi, ma le leggi del mercato come la concorrenza fanno sì che tutta la comunità tragga beneficio da queste scelte.
Nel suo famoso esempio, il panettiere potrà ben essere cattivo ed egoista, ma è nel suo interesse darvi un buon pane a un prezzo giusto, altrimenti i clienti lo abbandonano e vanno a comprare il pane da un fornaio concorrente.
Il pensiero di Smith trovò una sorta di conferma nella teoria della gravitazione universale di Isaac Newton, che introduceva un concetto all’epoca rivoluzionario: Dio creò un universo già dotato di leggi razionali, in grado di regolarsi senza alcun intervento esterno.
Per non interferire con questo equilibrio naturale delle cose, lo Stato, secondo Smith, non deve intervenire nell’economia se non per offrire a tutti i cittadini i servizi pubblici, finanziati con le tasse riscosse dai più ricchi.
Scarpe e chili di patate: la teoria del valore/lavoro
Inserendosi nel dibattito su quale fosse l’elemento che maggiormente contribuiva a determinare la ricchezza delle nazioni se il denaro oppure la terra, Smith suggerì il lavoro umano.
All’origine di questa teoria rivoluzionaria c’era la ricerca del fattore che determina il valore di una merce.
La merce può essere scambiata con un’altra solo se esse sono in qualche modo comparabili e contengono un elemento comune.
È importante, quindi, stabilire quanti chili di patate occorrono per comprare un paio di scarpe.
Il valore di una merce è dato dal tempo impiegato a produrla: bisogna comparare il tempo impiegato! ad esempio quello per coltivare le patate con quello servito per fabbricare le scarpe: maggiore è il tempo, maggiore è il valore di una merce.Â
Questa teoria dà vita a uno dei concetti più importanti espressi da Smith: la divisione del lavoro.
La fabbrica di spilli: la teoria della divisione del lavoro
Smith sostiene che la divisione del lavoro, intesa come nascita e specializzazione dei diversi mestieri: artigiano, contadino, mercante e così via, sia all’origine della nostra civiltà .
Oltremodo diffusa nei paesi che hanno raggiunto un certo grado di sviluppo, la divisione del lavoro è stata applicata con maggiore o minore intensità a seconda dei settori.
Per illustrare la sua teoria, Smith immagina nel dettaglio le diverse fasi in cui può essere frammentata la fabbricazione di uno spillo.
Un operaio trafila il metallo, un altro raddrizza il filo, un altro ancora lo taglia, un altro gli fa la punta, un quinto lo schiaccia all’estremità per poi inserire la capocchia che altri tre, nel frattempo, sono impegnati a fabbricare, altri la inseriscono negli spilli.
Terminato il lavoro di fabbricazione, nuovi operai pensano a lucidare gli spilli prodotti e ad avvolgerli nella carta, pronti per essere venduti. La fabbricazione di uno spillo è così suddivisa in circa diciotto operazioni.
Questa rivoluzione nell’industria manifatturiera è dovuta sostanzialmente a tre fattori: all’abilità estrema che ogni operaio riesce a sviluppare nel proprio tipo di lavoro visto che esegue sempre i soliti gesti ripetitivi, che impara a fare nel migliore dei modi e nel minor tempo possibile; al risparmio del tempo che si perde per passare da un’attività a un’altra, all’invenzione di molte macchine specifiche per un singolo processo lavorativo, spesso a opera degli stessi operai, alla ricerca di un modo più veloce e meno stancante di eseguire il lavoro.
Insomma bisogna dire che Smith ci aveva visto lungo, e che aveva capito moltissimi meccanismi che tutt’ora caratterizzano la nostra economia.
Quanti di voi avevano già studiato Adam Smith a scuola? E’ una figura così importante e rivoluzionaria che a mio parere andrebbe sicuramente approfondita
Nella speranza di non avervi annoiato troppo, vi auguro buona Domenica 💚